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L’estate di Alexis

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Finché non verrà dimostrato il contrario, continuerò a credere che Tsipras sia un politico molto intelligente, molto più capace di Samaràs, Stavros, Koutsoumbas e Fofi messi insieme (degli altri non ne discuto nemmeno), e anche molto più ambizioso. La sua squadra economica è molto più seria di quella dei precedenti governi, che non volevano trattare e che non avevano idea di come farlo. Andavano, accettavano, firmavano. E ci hanno portati fino a questo punto.

In cinque mesi e in difficili condizioni, il governo di un piccolo paese in bancarotta è riuscito a monopolizzare l’interesse internazionale, a sconvolgere i mercati, a dividere governi e alleanze, a moltiplicare le voci (spesso capitaliste) che mettono in dubbio il dogma dell’austerity e a svelare una mancanza di democrazia, seppellita sistematicamente sotto milioni di «pacchetti di salvataggio» (toppe per le bolle bancarie).

Ma sin dall’inizio di tutta questa storia c’è qualcosa che non mi torna. È da escludere che Alexis non abbia pensato che la decisione di andare al referendum potesse seminare il panico (che i media e i partiti dell’opposizione avrebbero alimentato).
È impossibile che non abbia pensato che con le banche chiuse e il limite sui prelievi la maggioranza si sarebbe spaventata e si sarebbe schierata a favore di una resa senza condizioni alle richieste dei creditori. Tra l’altro, all’inizio della stagione turistica. Un macello.

E quindi? Tsipras vuole perdere in maniera da avere la giustificazione per intraprendere politiche diametralmente opposte a quelle per cui è stato eletto? (È già successo in passato). E se perde, come riuscirà a mantenere il potere? E come farà a evitare l’incanalamento della rabbia popolare verso l’incubo del nazismo, la cui ascesa porterà alla completa instabilità del paese e della fragile pace sociale? È possibile che siano così idioti? (i destroidi non si affrettino a dire «sì» per favore; tenetevelo per il referendum).

[seguono spoilers]

La sola risposta che mi viene in mente ha a che fare con il fatto che le mosse e gli annunci di Tsipras sembrano essere diretti soprattutto a un pubblico internazionale, e poi alle persone chiamate a decidere se accettare o meno una proposta di contenuto finanziario di difficile comprensione. Per noi greci le dure parole sulla dittatura dell’UE e l’austerity che strangola un intero popolo non sono una novità, e le code ai bancomat non sono nulla rispetto alle mense per i poveri, ai campi di concentramento per migranti e alle teste aperte dalla polizia. Per qualcun altro, però, tutto questo è quasi una novità.

In poche parole, abbiamo un dogma dello shock al contrario, in cui gli elettori europei sono invitati a prendere coscienza del fatto che sono diventati involontari complici di un crimine continuato che già bussa alla loro porta. E tanto più il crimine diventa uno spettacolo pubblico, tanto più è forte lo shock. Dunque, o gli elettori europei insorgeranno per convincere i loro leader a capitolare, o ci lasceranno crollare e mangiarci l’un l’altro – avendo però la piena consapevolezza del fatto che il giorno in cui il sogno dell’Europa unita svanirà non è per niente lontano.

Provare a cambiare gli equlibri tra gli stati così rapidamente e senza ricorrere alle armi è una scommessa molto rischiosa. In condizioni normali, i rapporti di forze escluderebbero qualsiasi possibilità di vittoria. Semplicemente ti sconfiggerebbero, ti imporrebbero un pacchetto di ristrutturazione, e continueresti a essere debitore per i prossimi cent’anni.

Ma le condizioni sono tutt’altro che normali, e lo stesso vale per le turbolenze geopolitiche, intensificate da un’enorme ondata di profughi. E tutto questo senza prendere in considerazione il cambiamento climatico (che non influenza solo questa strana estate greca).

Dunque, Tsipras può sembrare lo stolto che toglie il mattone di una costruzione già instabile, creando conseguenze imprevedibili. Oppure può sembrare il leader davvero carismatico che getterà le fondamenta di un’altra Europa – più giusta, più vivibile e, perché no, più produttiva. Come? Catturando l’opinione internazionale con la storia del greco David che si oppone al tedesco Golia, o della culla della democrazia che rivendica la propria sovranità nazionale. Intensificando la suspense e il dramma. E tutto ciò a un livello a cui qualsiasi anziano rappresentante del sacro collegio europeo non può nemmeno avvicinarsi. In una parola: Varoufakis.

Già, può darsi che vogliano semplicemente una rottura e l’uscita, e che si siano vergognati di dircelo per tutto questo tempo. Ma sono quasi sicuramente condannati a perdere. E non sembrano comportarsi da perdenti. Al contrario, hanno l’aria di chi si muove con un piano ben preciso.

Logicamente mirano a un accordo migliore entro la settimana, e poi Alexis spingerà perché tutti votiamo SI (tranne chi sostiene KKE, Antarsya e Alba Dorata). Perché questa trovata funzioni però non bastano le palle, ma anche alleati forti. E molta fortuna, perché hai tutto l’universo contro. Oltre a Coelho, che ci trolla come al solito:

Paulo Coelho ✔@paulocoelho
No to austerity – yes to democracy @GreekSolidarity
5:15 PM – 28 Jun 2015

Comunque sia, Tsipras aveva detto che avrebbe fatto ballare i mercati, e così è stato. Inizia un lunedì molto interessante.

Fonte: nefelikas.wordpress.com

Traduzione di atenecalling.org


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